Di estate, siccità, dissalatori e salamoie
Perché i dissalatori in Italia non mi piacciono. Salvo eccezioni.
Alert: questa è una pillola un po’ diversa dalle precedenti, un po’ polemica. Perché è un tema che mi sta a cuore.
Arriva l’estate e nonostante le precipitazioni abbondanti della tarda primavera, con allagamenti annessi, già sappiamo che ci sarà la siccità. Se non dappertutto (speriamo), sappiamo bene che abbiamo aree del paese che ne soffrono cronicamente in estate.
Ed ecco che spunta la magica soluzione del dissalatore. Dissaliamo l’acqua di mare con sistemi a osmosi inversa et voilà, problema risolto.
Nì.
Più no, va’, secondo me.
Non sono qui a demonizzare una tecnologia che io stessa ho proposto più e più volte, capiamoci. Le membrane a osmosi inversa sono fantastiche. Praticamente eliminano qualsiasi contaminante, permettono di fare di un’acquaccia schifosa un’acqua da caldaia.
Ma facciamo un conto della serva.
Per dissalare l’acqua di mare, l’acqua deve essere pompata alle membrane a una pressione di 50 bar su per giù (50 atmosfere circa).
Se volessimo fornire acqua dolce a un piccolo comune di 5000 abitanti, dovremmo fornire circa 750 m3 d’acqua al giorno (750’000 litri al giorno). Come acqua di mare, dovremo prelevarne il doppio perché le membrane a osmosi non fanno sparire magicamente i sali, ma dividono l’acqua in due flussi chiamati permeato (quello pulito che è passato attraverso la membrana) e concentrato (quello che non passa attraverso la membrana e in cui finiscono tutti i sali del permeato che ha attraversato la membrana lasciandoseli alle spalle). Allora dovremo prelevare 1500 m3 in un giorno, cioè circa 63 m3/h. Per pompare questa portata a 50 barg, abbiamo bisogno più o meno di una potenza di 113.5 kW.
Per fortuna, esistono sistemi in grado di abbattere questo consumo a circa la metà e quindi saremmo su una potenza necessaria di circa 57 kW.
Considerate che questo è solo uno dei consumi elettrici dell’impianto che produce acqua potabile da acqua di mare (ci sono vari pompaggi, delle filtrazioni prima e poi dei trattamenti di affinamento, oltre ai consumi “accessori” per il sistema di controllo, l’illuminazione e molti altri).
Si capisce, quindi, che siamo di fronte ad un bel consumo di energia per osmotizzare l’acqua per questo piccolo comune.
Oltretutto, ci troviamo a dover gestire il concentrato prodotto, che è una salamoia con una salinità molto più alta dell’acqua di mare (è un’acqua di mare concentrata!). In genere, viene scaricato in mare, con potenziali problematiche locali per l’ecosistema. Esistono, è vero, dei progetti di circolarità come SEArcularMINE, che si propongono di combinare l’osmotizzazione dell’acqua di mare con la produzione di sali e il recupero di materie prime critiche (come il magnesio, il litio o il cobalto), valorizzando la salamoia prodotta. Ben vengano, anzi, finalmente sono arrivati.
Adesso guardiamo qualche altro numero della nostra bella Italia.
Il report Istat 2023 indica una perdita media nazionale del 42% dell’acqua immessa nella rete di distribuzione dell’acqua potabile, con punte del 52% in Sicilia (che è da sempre afflitta dalla siccità): su 8,1 miliardi di litri d’acqua immessa nella rete, solo 4,7 sono stati erogati. Potremmo quasi dar da bere a un'altra Italia con quello che la nostra rete perde.
Le perdite da un acquedotto sono fisiologiche, ma se solo riuscissimo a ridurle dal 42% al 30% potremmo recuperare quasi un miliardo di litri, cioè acqua per circa 12,5 milioni di persone con i dati di consumo attuali.
In più, in Italia solo il riutilizzo idrico diretto interessa oggi solo il 4% delle acque reflue prodotte.
Capite perché non mi vanno giù i dissalatori in questo quadro? Costruire nuovi impianti, occupando aree, consumando energia, producendo rifiuti, quando c’è tutta questa acqua da recuperare dalle perdite e dal riuso. Facciamo un dissalatore ultimo grido, produciamo dell’acqua dolce e la immettiamo in una rete che ne perderà quasi la metà?
Recuperare l’acqua dai depuratori, infine, costa molto meno: è già dolce. Possiamo osmotizzare quella e renderla pulitissima, con un consumo energetico molto inferiore, visto che dipende dalla salinità. Una prossima pillola sarà su questo tema.
Vanno bene i dissalatori, ma con delle condizioni al contorno diverse: prima sistemiamo le perdite, recuperiamo i reflui. C’è tanto da fare, prima di arrivarci.
I dissalatori, nell’immediato, usiamoli per quei contesti particolari come le isole che ancora dipendono dalla terraferma per l’approvvigionamento idrico tramite navi cisterne (sigh).
Riuso: https://www.gruppocap.it/it/media-e-comunicazione/comunicati-stampa/acqua-depurata-parco-nord
Report ISTAT: https://www.istat.it/it/archivio/282344
e https://www.istat.it/it/archivio/295260
Il problema delle perdite sulla rete idrica nazionale è veramente una piaga, come giustamente denunciato nell'articolo. Lo verifico quotidianamente percorrendo le strade della mia cittadina, nell'hinterland romano dove, ad intervalli temporali più o meno costanti è facile imbattersi nello zampillo che buca l'asfalto, seguito dalle ruspe che scavano, gli operai che riparano, una relativa calma e due/tre mesi dopo il ciclo ricomincia. Del tutto d'accordo sulla disamina relativa ai dissalatori, che al momento lascerei ai paesi della fascia desertica a clima caldo e con forte irraggiamento solare, i quali potrebbero alimentare gli impianti energivori producendo elettricità da sistemi fotovoltaici.
Grazie del commento, Marcello. Aggiungo che i dissalatori, anche (e sopratutto) in climi desertici, dovrebbero essere accompagnati da politiche spinte di riuso. L'acqua dolce è poca, una volta che l'abbiamo "creata" con tanto dispendio energetico, va tenuta in circolo il più possibile. Nella prossima pillola parlerò di riuso!